European Asbestos Seminar: Intervento
Un ringraziamento particolare agli organizzatori di questo convegno e un caro saluto a tutti i partecipanti da parte mia e del "Comitato Vertenza Amianto" delle associazioni casalesi.
Questo Comitato raggruppa tutte le associazioni ambientaliste e di volontariato che, anche da molti anni, sono impegnate nella lotta contro l’amianto o si occupano dei gravi problemi conseguenti ai danni provocati dall’amianto nel territorio casalese.
In Italia la lotta per la messa al bando dell’amianto ha preso avvio da situazioni come quelle di Casale Monferrato, dove è venuta alla luce una vera e propria strage di lavoratori e cittadini e quindi una situazione d’emergenza.
L’Eternit di Casale:
costituita nel 1906
il più grande stabilimento di fibrocemento d’Europa, superò i 2.000 addetti in una città di 40.000 abitanti
si produceva tutta la gamma dei prodotti per l’edilizia, con l’impiego dei vari tipi di amianto
chiusa nel giugno 1986, a seguito di AUTO-ISTANZA di fallimento della società Eternit che in Italia ne raggruppava i vari stabilimenti – di proprietà del gruppo svizzero.
La nocività:
in fabbrica e fra la cittadinanza casalese ha già provocato oltre 500 morti accertate (in realtà, a nostro parere, sono molte di più)
Le patologie:
il mesotelioma, fino a tutti gli anni ’60 non si conosceva e fra la popolazione in generale si è divulgata la diagnosi e la pubblica conoscenza verso la fine degli anni ’70
asbestosi e tumore al polmone, la prima asbestosi fu riconosciuta a Casale nel 1947, così come il tumore al polmone, hanno riguardato, nella stragrande maggioranza dei casi, gli esposti professionali
Le indagini epidemiologiche:
nel 1987 fu presentata la prima riguardante tutti i dipendenti del periodo 1950-85: 200 morti in più delle attese per asbestosi, tumore al polmone, tumore alla laringe per alcuni casi, mesotelioma pleurico ed al peritoneo. Indagini successive hanno considerato il mesotelioma, con riscontri notevoli, fra le mogli dei dipendenti e poi fra la popolazione. Negli ultimi anni i mesotelioma raggiungono i 20-25 casi annui, di cui due terzi riguardano i non esposti professionali. In Italia i mesotelioma hanno raggiunto i 1.000 casi all’anno.
Ruolo delle associazioni:
ci furono tre fasi di lotta. In fabbrica il movimento seguì gli sviluppi di carattere più generale.
Prima fase: fino agli anni ’60 la nocività veniva usata quale "argomento" per ottenere aumenti salariali (erano molto bassi!)
Seconda fase: dalla fine degli anni ’60 agli anni ’70 la lotta, anche molto dura, mise sotto accusa la nocività per ottenere modifiche dell’organizzazione del lavoro ed impianti di aspirazione, con filtri, per contenere la polverosità la quale, ovviamente, era presente anche fuori la fabbrica. Il movimento si sviluppò all’esterno della fabbrica con difficoltà di aggregazioni: le istituzioni ed i "circoli benpensanti" consideravano ancora "normale" che, chi lavorava, potesse ammalarsi e magari morire. Sussisteva inoltre un pregiudizio negativo su ciò che veniva considerata "un’istanza dei lavoratori". (Speriamo che in Italia non si ritorni a quei tempi).
Terza fase: a Casale, dalla fine degli anni ’70, si sviluppò un movimento di lotta per: eliminare l’amianto quale materia prima, richiederne la messa al bando – di cui legge 257/1992 – e la riconversione produttiva, la tutela dei lavoratori e della salute pubblica, il riconoscimento e risarcimento dei gravissimi danni subiti, dare avvio alle indagini epidemiologiche, un miglioramento delle strutture sanitarie specifiche, un sistema di informazioni ed una politica di incentivi per la rimozione corretta delle fonti di rischio.
Piano di bonifica territoriale: il movimento ha determinato, con un ruolo attivo del Comune, la progettazione ed il finanziamento (da parte dello Stato e della Regione) di un piano di bonifica radicale del territorio tuttora in corso.
Lo sviluppo della lotta:
all’inizio ci furono, a Casale, dei piccoli gruppi di ambientalisti unitamente a qualche rappresentate sindacale, gruppi di medici, sempre più numerosi, fra i quali la qui presente dott.ssa Daniela Degiovanni. Poi, pur con notevoli difficoltà, parti sempre più importanti del sindacato, sono scese in campo, dapprima la Cgil locale e regionale, e dal 1989, Cgil Cisl e Uil nazionali.
I disoccupati, di allora, della Eternit diedero un grande contributo alla lotta per la conquista della legge 257/92.
Si saldò così "l’interesse" del posto di lavoro e della tutela dei lavoratori con quello della difesa della salute pubblica. Questa saldatura è possibile allorquando la strategia rivendicativa pone obiettivi chiaramente unificanti, tenendo conto che l’anello più debole di questa catena è il lavoratore dipendente, il quale, ovviamente non deve pagare il doppio prezzo: quello della salute e quello del posto di lavoro. Questo vale per tutte quelle realtà, anche qui rappresentate, impegnate a portare avanti questa lotta. Occorre la piena consapevolezza che bisogna conquistare vere e proprie AZIONI DI GOVERNO, per affermare un processo di trasformazione ecologica-produttiva che dia risposte credibili ai "due interessi di fondo" che si intrecciano su questa strada.
Ma vediamo ancora per titoli cosa ha caratterizzato il ruolo, costante, delle associazioni casalesi (sindacali, ambientaliste e dal 1987, dei familiari delle vittime dell’amianto):
1981-83 l’accertamento in Magistratura della sussistenza del rischio amianto, l’Eternit documentò all’Inail (Istituto nazionale assicurazioni infortuni sul lavoro) il "superamento" del rischio amianto all’interno dello stabilimento. L’Inail bloccò così alcune prestazioni risarcitorie ai lavoratori. Il sindacato INCA CGIL fece causa, ci fu un processo con testimonianze anche di lavoratori allo stadio terminale di asbestosi, con sentenze fino alla Suprema Corte che confermarono la sussistenza del rischio amianto nei vari reparti. Ciò rafforzò il fronte di lotta per la messa al bando dell’amianto;
incominciarono le prime denuncie pubbliche di mesotelioma riguardanti cittadini in generale;
contenzioso in Magistratura, il più elevato in Italia, per il riconoscimento a centinaia di lavoratori di varie prestazioni risarcitorie dell’Inail per malattie professionali e dell’Inps (Istituto nazionale previdenza sociale) per altre di natura previdenziale;
il mesotelioma, non preceduto dall’asbestosi, fu riconosciuto dall’Inail quale malattia professionale solo nel 1987;
il Comune di Casale, con ordinanza del Sindaco, vietò l’utilizzo dell’amianto, nel territorio comunale, nel 1987;
il processo penale: a seguito delle forti iniziative, di cui le sollecitazioni del professore, qui presente, B. Terracini, iniziò, nel 1985, l’indagine penale di cui il processo nel 1993 (8 anni dopo!);
la battaglia per il processo si intrecciò così con quella per la legge 257. Il processo comunque si concluse alla Suprema Corte, confermando la colpevolezza degli imputati (presidente, amministratore delegato, direttori) concedendo però le attenuanti generiche, facendo così scattare le prescrizioni per le 1.700 parti civili organizzate dal sindacato e dall’Associazione dei familiari.
7 miliardi di lire furono, fortunatamente, ottenute nel 1993 dalla curatela fallimentare presso il Tribunale di Genova a seguito di altrettanti ricorsi presentati in quella sede (1.700 tra lavoratori ammalati e singoli familiari). Tale risarcimento fu molto modesto, data la particolare situazione, ma per noi molto importante per ragioni di principio. Sono tuttora in corso, in questa sede, centinaia di cause per il risarcimento di lavoratori e familiari.
Per un nuovo processo penale:
mentre a Cavagnolo, di cui è competente il Tribunale di Torino, procuratore R. Guariniello, si sono svolti due processi penali nei confronti dei dirigenti della locale filiale della Eternit, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Casale, invece, non ha avviato, finora, alcun nuovo procedimento penale. Certo la situazione è qui molto complicata. La giustizia però è ancora attesa da centinaia di vittime provocate dall’amianto della Eternit dopo il processo del ’93 e, fra queste, sono numerosissime quelle fra i cittadini che non avevano mai lavorato alla Eternit. Questa problematica l’abbiamo argomentata anche mediante specifici ESPOSTI presentati in Procura, sottolineando la necessità di indagini a livello internazionale per accertare le eventuali responsabilità delle multinazionali dell’amianto, che noi tutti chiamiamo in causa.
Alcune sentenze interessanti della Magistratura:
alcuni anni fa fu dimostrato e riconosciuto dall’Inail che un barbiere di Reggio Emilia (artigiano) aveva contratto un mesotelioma di origine professionale, a seguito del contatto con l’amianto presente fra i capelli dei propri clienti-operai del fibro-cemento;
l’ultimo caso, di tre mesi fa, riguarda un altro artigiano (lavoratore autonomo): un orafo di Valenza (in Piemonte) ha visto riconoscergli la malattia professionale a causa dell’amianto utilizzato, sotto forma di lastra, quale superficie d’appoggio per oggetti preziosi sui quali operare delle saldature…
una sentenza della Suprema Corte di Cassazione del 3.4.2001 ha stabilito che, ai fini del godimento dei notevoli benefici pensionistici stabiliti dalla legge 257/92 (di cui quasi tutti gli ex Eternit, allora disoccupati, hanno visto accolti tali benefici) occorre provare che i lavoratori devono "aver lavorato in un ambiente effettivamente rischioso per la loro salute, nel quale la concentrazione di fibre d’amianto superi i valori stabiliti dal decreto legislativo 18.08.1991 n. 277 pari a 0,1 fibre per centimetro cubo per 8 ore al giorno". Tale decreto fu emesso in attuazione delle direttive europee…;
un’altra sentenza della Suprema Corte Penale, 06.02.2001, riguarda, in modo interessante, il tema dei tumori professionali ed extra professionali: è il caso di morte per mesotelioma pleurico della moglie di un operaio alle dipendenze dell’Officina Grandi Riparazioni delle Ferrovie dello Stato (Torino), dove la Corte conferma la sentenza dei giudici di merito che avevano "… accertato correttamente, oltre che la sussistenza della colpevolezza, il rapporto di causalità tra l’esposizione indiretta della donna alle polveri d’amianto e la morte per mesotelioma pleurico (la donna aveva maneggiato per anni, per lavarle, le tute intrise di polveri da amianto, che il marito indossava in officina)…".
Iniziative europee:
occorre investire la CEE ed il Parlamento Europeo, con le organizzazioni sindacali, per un confronto ed una verifica, oltre che sull’attuazione delle direttive sulla dismissione dell’amianto prevista per il 31.12.2004, anche:
sulle questioni del dopo amianto, bonifica e problemi sanitari, di cui il coordinamento ed il sostegno dei sistemi di diagnosi, cura, ricerca clinica e biologica, in particolare sul mesotelioma;
sulle questioni del riconoscimento e risarcimento dei danni da amianto, per un sistema di informazioni e di nuove procedure per l’individuazione della responsabilità (laddove sussistono) a livello europeo (ed extraeuropeo);
occorre, infatti, un ruolo attivo nei confronti anche dei Paesi extra CEE, vedi Canada che sostiene ancora l’utilizzazione dell’amianto "in sicurezza" e nei confronti di tantissimi altri Paesi meno industrializzati e del "Terzo Mondo" dove l’amianto viene ancora utilizzato anche al di fuori delle regole più elementari.
Da parte di tutti noi: abbiamo tratto nuovo vigore e nuovi successi dal congresso di Osasco (Brasile) dello scorso anno, di cui ringraziamo ancora gli organizzatori qui presenti. Senz’altro, da questa occasione di Brussels, molto importante per il coordinamento e l’aggiornamento delle nostre iniziative, faremo ulteriori ed incisivi passi in avanti.
Grazie a tutti!
June 8, 2001